ANTIGONE, anello debole?

antigone2E’ stato un piacevole incontro quello di ieri, sabato 1 marzo con Il Teatro della Tosse presso il Cafè Monet di piazza della Stazione 9 a Bordighera, presente un numeroso e attento pubblico, come sempre avviene durante i pomeriggi culturali, in occasione de “Prima della Seconda”, un appuntamento al buio con il regista, Emanuele Conte, l’assistente alla regia Yuri D’Agostino ed alcuni interpreti de “Antigone”, una differente interpretazione della tragedia greca di Sofocle scritta nel 442 e riletta e tradotta da Jean Anouilh nel 1944 per la presentazione a Parigi.
E’ uno scontro generazionale, molto vivo e sentito nel 1944, dove le scoperte di Freud portano grandi novità nel teatro. Il rapporto genitori e figli ma anche tra potere e giovani. La ribellione, il “mal di vivere”, tormenta la giovane Antigone, in realtà anello fragile di una catena famigliare in cui il “capo”, il re, Creonte, il potere appunto, non lasciano spazio alla chiarezza, al cambiamento, alla rivoluzione ed è lui stesso vittima del suo potere.
E’ proprio il carattere rivoluzionario di Antigone che si scontra con il potere dello zio Re, padre di Emone, innamorato follemente di Antigone al punto di scegliere la morte quando lei raggiunge il suo obbiettivo, togliersi la vita.
Intermedia, accondiscendevole, moderata e un po’ superficiale la figura di Ismene, sorella di Antigone, che intravede e condivide solo in parte la sofferenza che attanaglia la giovane donna.
Molto bello l’incontro tra i protagonisti, Viviana Strambelli nella parte di Antigone, Linda Caridi, Ismene, Mauro Lamantia, Emone e Pietro Fabbri, levatrice e carceriere, e il pubblico in buona parte insegnanti, alcuni dell’Istituto Montale.
Uno scambio di opinioni acceso con il regista per discutere di questa crisi di valori e speranze a cui i giovani sembra non possano aver accesso. La fiducia in un futuro che pare improbabile, le ragioni degli adulti che seguono stereotipi  in cui non c’è spazio per un reale confronto. Forse direi anche padri e madri iperattivi e tuttologi che non lasciano il campo a dei ragazzi che diventano pigri, svogliati, incapaci di intraprendere iniziative, mettersi in gioco.
Ecco allora che la figura di Ismene è molto simile all’adolescente il cui unico interesse è la scarpa alla moda o l’ultimo modello di cellulare. In contrapposizione Antigone, un po’ anoressica o bulimica, punk o emo, ribelle e distruttiva, soprattutto contro se stessa. Traspare senza essere mascherato questo disagio giovanile nella discussione, il pubblico è preparato, il regista ama confrontarsi.
Si parla anche dello spettacolo in sé; tra le domande è molto sentita quella che chiede quanto ci sia di reale nel conflitto che si sviluppa sul palco, tra Antenore, Viviana e Creonte, Enrico. Nonostante sia la 13° replica i due attori riconoscono che il loro conflitto non è solo finzione scenica, ma la differenza di età tra i due e il patos che la recitazione impone li porta a un conflitto in parte reale.
 Evidentemente una parte di Antigone vive davvero nel cuore di Viviana Strambelli e la sua ribellione interiore e nei confronti del sistema non è solo finzione teatrale. Dice ancora Enrico: “A volte Antigone è fastidiosa e quindi il conflitto è realtà”. Uno spettacolo questo preparato in oltre un mese di prove, dove sono state prese alcune libertà dalla lettura di Jean Anouilh. La sceneggiatura è stata studiata in modo che ogni componente non si trovi mai di fronte ad un altro, proprio a segnalare questa impossibilità di comunicazione.
Dice ancora Viviana: “Spesso sul palco ci si sente molto soli, anche se è in corso lo scontro verbale…”. In conclusione uno spettacolo che ripropone un tema attuale o forse, per meglio dire, un problema di comunicazione e ideali tra generazioni che rimane inalterato nel tempo pur cambiando usi, costumi e civiltà, dal tempo dei Greci sino ad oggi.

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