Bijoux, una principessa dalle piume dorate

Bijoux

Bijoux

Mia zia Lina abitava a Sanremo, in una casa nel centro storico. Una casa con i soffitti alti, le pareti color crema e le finestre laccate color panna da dove il sole, certe mattine, entrava con forza e senza rispetto appena varcava l’angolo della chiesa diffondendo luce e calore ovunque. Viveva da sola, zia Lina, se non contiamo Remigio, un soriano pelandrone e senza aspirazioni che aspettava quel sole caldo, così come il tepore del termosifone in inverno, per farsi trasformare in un gatto bollito e senza forze. Aspettava la sua razione di crocchette la mattina, quando la zia si preparava per andare al lavoro e poi sino a sera non si preoccupava di nulla, se non appunto farsi trastullare dai bollenti raggi. Viveva sola, la zia, se non consideriamo anche Bijoux, una canarina deliziosa e canterina che a suo modo, ogni mattina, ricordava come il nuovo giorno fosse arrivato, giocando con il suo delizioso canto e rendendo il risveglio, alla zia, ogni mattina gradito. Era gialla, Bijoux, di un giallo oro che la rendeva splendente e da sotto le ali, la dove si univano al corpo, spuntavano alcune vezzose piume quasi bianche. Era come si dice, una bella canarina, ed il suo canto delicato ed armonioso, mai ripetitivo, avrebbe fatto invidia ad un compositore affermato. Zia Lina prima di uscire le cambiava l’acqua, sostituiva il foglio di giornale che rivestiva il fondo della gabbia e prendeva la mangiatoia, soffiando fuori dalla finestra le bucce dei semi che lei aveva scartato. Ogni mattina ripeteva quel gesto e non c’era bisogno di chiudere la gabbia, Bijoux non scappava ma attenta controllava che quelle poche operazioni fossero fatte come a lei piaceva. Non controllava che Remigio stesse al suo posto perché non c’era pericolo, Remigio con gli occhi socchiusi se ne stava allungato all’inverosimile su davanzale della finestra opposta, assolutamente assorto nella sua autocontemplazione di soriano sfaticato. Poi la zia riponeva un nuovo foglio di giornale, qualche semino di sesamo nuovo e richiudeva la gabbia. Anche se tranquilla, Bijoux perdeva quel minimo di ansia che la porticina aperta le dava. Fatto sta che, giorno dopo giorno, quell’operazione di nettare la mangiatoia fece si che alcuni semini cadessero sul davanzale e l’occhio attento di Pollino, passerotto spavaldo e fresco di stagione si concedesse un intraprendente atterraggio sul davanzale per assaporare quella inaspettata colazione. Quella splendida e veloce planata non sfuggi a Bijoux e ne rimase colpita già dal primo giorno. Certo, si girò di lato, quasi a mostrare indifferenza, ma quel suo zampettare ne tradì l’emozione. Anche Pollino non restò indifferente allo splendore di quelle chiare e linde piume. Razzolando i semini sparsi, con rapidità, gettava occhiate veloci ed intense verso la gabbia. Neanche alla zia sfuggi quell’intesa e, ogni giorno sempre più, incrementò i semini lasciati sul davanzale e dopo qualche giorno, volutamente, lasciò la finestra socchiusa. L’unico che nulla notò, neanche a dirlo, fu Remigio che al massimo, infastidito da quello spiffero tiepido, cambiò posizione ruotando su se stesso.

Non ci volle molto e l’intrepido Pollino entrò in casa azzardando addirittura una planata vicino alla gabbia. L’incredibile accadde quando decise di posarsi sulla spalla della zia, cinguettando all’orecchio della stessa, quasi a chiedere semini freschi e non di scarto. Bijoux sorrise di quella sfacciataggine; si sa, la lingua dei canarini di poco si discosta da quella dei passerotti, e quella sua irriverente richiesta le parve un gesto da vero passero. Aspettava ogni mattina di vederlo arrivare con quel suo frullo rapido e la virata mozzafiato. Assaporava quel soffio di vento che le sue ali provocavano, sapevano di notte, di vita. Nei suoi sogni spesso immaginava di volare con lui, lontano, tra le fronde degli ippocastani, laggiù nel viale. Oppure tra le tegole della casa di fronte, dove li vedeva, a centinaia, cinguettare, litigare, amarsi, vivere. Certo, sapeva che le sue ali non avrebbero retto quello sforzo, quel vento, quelle virate a perdifiato, ma nei suoi sogni non si dava limiti. Una mattina di sabato, che la zia era a casa dal lavoro e si attardava a pulire la gabbia, prese il coraggio a quattro ali e, sporgendosi dalla porticina aperta, chiuse gli occhi e si lanciò… salendo sulla spalla destra, perchè sulla sinistra c’era Pollino. Tremava, era eccitatissima, aveva varcato la soglia di quella gabbia che ora guardava dal di fuori. Tornò immediatamente dentro e poi ne uscì di nuovo. Due, tre, quattro volte. Su e giù. Infine si mise sulla spalla, ed iniziò il suo canto. Era un canto d’amore, dolce, sublime e Pollino si decise. Cambiò spalla per andarle vicino. Mia zia racconta che questa cosa le sembrava impossible ma che accadeva veramente. Certo, non potevamo verificare perché se andavamo da lei Pollino non entrava e Bijoux non si sognava nemmeno di uscire dalla gabbia. Poi un giorno triste, veramente triste per tutti, quell’irresponsabile di Remigio decise, per una volta nella sua vita, forse la prima e l’unica, di fare il gatto ed intercettando con la coda dell’occhio la virata di Pollino, alzò la zampa con fare rapido sguainando gli artigli. Fu un attimo e come tenaglie si chiusero sul passerotto che non potè far altro che rovinare a terra sul freddo pavimento della cucina. Quello stupido, insulso e ciccione di un gatto si lasciò cadere sopra rovinandogli addosso con tutta la sua inutile aggressività strappandone le piume. Ma nel paradiso dei passeri c’è sempre qualcuno all’erta e la zia si accorse dell’accaduto, afferrando il micio per la collottola che fu costretto a mollare la presa. Alcune piume caddero a terra planando nel loro ultimo volo e Pollino, forte anche se ferito, si lanciò verso la finestra aperta, verso la libertà. Bijoux terrorizzata da tanta violenza, tremante come una foglia, si mise su trespolo più alto della gabbia, singhiozzando. Mai aveva visto né pensato possibile tanta violenza, soprattutto da quell’imbecille di soriano che mai aveva potuto soffrire. Passarono i giorni, tristi per tutti quanti. La zia, pur volendo un gran bene a Remigio, non riusciva a perdonarlo. Lui non le prestava attenzione, aveva semplicemente obbedito ad un istinto ancestrale che neanche sapeva di avere. Tornò a farsi cuocere pelo e cervello dai raggi del sole. Bijoux iniziava il suo canto la mattina, come tutte le mattine, ma con la gola strozzata dalla malinconia. Di Pollino nessuno sapeva più nulla e nessun passerotto si era mai più azzardato a presentarsi sul davanzale. Poi un bel giorno, come sicuramente piace a tutti noi, accadde quello che ci stiamo aspettando. Pollino, il passero temerario, si ripresentò sul davanzale. Qualche piuma in meno, un’ala che con un piccolo difetto si rimetteva in posizione di riposo, ma sempre spavaldo e con la virata da vero padrone dell’aria. Bijoux cominciò a cantare felice, come non mai. Anche Pollino iniziò il suo miglior cinguettio. Due semini ed un canto. Altri due ed un canto ancora. Ma di entrare non ci pensava nemmeno. Fu allora Bijoux che capì, quello era il suo momento. Uscì dalla gabbia e volò con Pollino sino al tetto rosso, quello della casa di fronte. Non oltre, non per molto. Poi tornò nella gabbia. Ma da quella volta capì che era più pericoloso un gatto imbecille che tutte le insidie del mondo.

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