Gerard a Calvi

Credo siano passati almeno quindici anni eppure il ricordo di quella gita è ancora li, vivo nei miei pensieri ed in quelli del nostro gruppo.

Qualcuno ci aveva detto che ad Calvi c’era un relitto di uno spitfire, un aereo da guerra, precipitato in mare ed adagiato su uno scoglio ad una profondità non superiore ai trenta metri, facilmente raggiungibile con il gommone. Oltre a ciò una guida del posto faceva tariffe assolutamente alla portata per accompagnarti sul posto. L’idea di una breve vacanza in Corsica, con un immersione su un obbiettivo così pregiato fu subito il tema dominante delle nostre riunioni del venerdì sera e per il primo ponte possibile fu fissata la data della partenza. Gianni che aveva innate doti organizzative si interessò di trovare il posto dove alloggiare, gli orari dei traghetti per andare e tornare e tutte quei dettagli che sono indispensabili quando si pensa di muoversi, come nel nostro caso, in una dozzina di persone.

Ricordo che ci trovammo eccezionalmente un mercoledì per i dettagli ed il nostro “agente di viaggi” si presentò con una voluminosa cartellina ed un sorriso soddisfatto che faceva presagire belle notizie.

Così fu, infatti. Gianni aveva contattato la Corsica Ferry per i traghetti, fissate le prenotazioni, stampato per ognuno un bel programma e, particolare clou della spedizione, contattato personalmente Gerard, la guida, che con un prezzo veramente interessante ci avrebbe ospitato a bordo del suo catamarano in cabine fornite di doccia, ormeggiato proprio nel porto di Calvi.

Ci guardammo l’un l’altro negli occhi soddisfatti, era l’occasione per un week-end lungo indimenticabile.  La partenza era fissata da Savona per la Corsica alle nove del mattino. Quindi levataccia, viaggio Torino Savona in auto e poi sul traghetto tutti a dormire. Questa era la parola d’ordine e così successe.

Piccola variante il mare che, tutt’altro che tranquillo, iniziò da subito a testare lo stomaco dei più. Personalmente non mi accorsi neanche di essere in mare e sprofondai in un sonno dal quale riemersi sei ore dopo, con il disappunto di molti per il fatto che li avevo abbandonati alla balia del beccheggio.

Sbarcando a Calvi, visti da lontano, credo sembrassimo l’armata Brancaleone. Ed in una delle sue peggiori uscite. Chi si trascinava, chi inveiva contro il marito per averla coinvolta in quella avventura invece di un regolare fine settimana in Liguria. Ma lo spirito di noi subacquei e sopra ogni cosa il clima trovato sull’isola misero ben presto a tacere ogni recriminazione famigliare.

Gianni si mobilitò subito per cercare Gerard, colui che ci avrebbe ospitato nei giorni seguenti. E proprio lui ci venne incontro con un sorriso luminoso e la mano tesa. Era un uomo attorno ai cinquantenni, brizzolato, indiscutibilmente atletico e con l’aspetto di uno che l’ultimo raffreddore l’aveva preso alle elementari. In perfetto italiano, con un accento lievemente francese, ci salutò uno ad uno, dandoci il benvenuto sull’isola della bellezza.

Le signore, visibilmente affascinate, iniziarono a commentare sul clima splendido, il viaggio terribile, il profumo delle fioriture, il desiderio di un bagno in mare e cosi via. Cosi dicendo, Gerard ci indicò la strada verso la banchina dove era ormeggiato il suo catamarano.

Non ci si poteva certo sbagliare, nel porto di Calvi non c’erano sicuramente molti catamarani in grado di possedere 8 cabine con la doccia, e quello di Gerard era davvero uno spettacolo. Sulla passerella una splendida donna dai lunghi capelli neri, non oltre i trentacinque anni con un bimbo in braccio ci aspettava, mentre sulla banchina altri due ragazzini dai boccoli biondi tentavano di pescare qualche sprovveduto pesce. Io che ho una certa immediatezza nell’inquadrare le situazioni, mi resi conto che eravamo di fronte al sogno di ogni persona che ama il mare: un luogo di incanto, una barca fantastica ed una meravigliosa famiglia. Sinceramente provai anche una profonda ma sana invidia nei confronti di Gerard che a mio parere aveva tutto ciò che di meglio la vita poteva regalare ad un uomo.

Salimmo a bordo, ognuno prese posto nella sua cabina. Il confort era essenziale, d’altronde quella era una barca usata per le immersioni e non uno yacht di lusso, ma sicuramente non ti faceva rimpiangere la stanza di un albergo. Un buon Pastis accompagnato con tranci di baguette coperti da patè de fois ci fece dimenticare il viaggio, il lavoro ed ogni altra amenità della vita continentale.

La sera uscimmo tutti a cena fuori, con il consiglio imperativo di Gerard di non esagerare con il vino perché l’indomani ci aspettava l’immersione, impegnativa e stancante tra il trasferimento in mare e tutto il resto.

Infatti il mattino dopo alle otto eravamo già intenti a caricare le bombole e le attrezzature sul gommone. L’umore era ottimo, il mare si era calmato ed il sole era bello caldo. Non che questo sia di vitale importanza, visto che noi saremmo scesi a trenta metri, ma era importante per le varie consorti che si sarebbero dedicate alla tintarella nella spiaggia antistante il porto.

Dopo circa un’ora di gommone raggiungemmo il punto dove calarci, e nel giro di pochi minuti si era tutti pronti a scendere in acqua. Un buon gruppo subacqueo si vede dalla rapidità con cui riesce a prepararsi a scendere, senza creare confusione o intralci. E noi in quello eravamo maestri.

In acqua poi lo spettacolo si moltiplicò per cento, anemoni di mare, pomodori da scoglio, pesci, saraghi e castagnole. Veramente un parco marino popolarissimo già dai primi metri. Scendendo in profondità, Gerad ci indicò la direzione da prendere ed in un attimo si stagliò di fronte a noi la sagoma del relitto, poggiato su uno scoglio. Sembrava ancora in volo, anche se le alghe e le incrostazioni lo avevano ricoperto. Era uno strano oggetto, in quel  mare azzurro e ricco di vita. Eppure la sua forma non stonava con le evoluzioni che i pesci compievano nuotando tra le sue ali, le sue eliche arrugginite. Ma la cosa che ci fece tutti stupire era la carlinga, integra esclusi i vetri, probabilmente rotti nell’impatto con l’acqua, popolata di aragoste rosse come il fuoco. Avevano scelto quel luogo come loro tana e rendevano così il relitto ancor più irreale.

Il tempo trascorse in fretta e mi sembrò di essere appena disceso quando Gianni fece il cenno di iniziare la risalita, seguendo le tabelle di decompressione.

calvi

Poi, una volta sul gommone, ripetemmo quel provato rituale della vestizione che contraddistingue, come detto prima, un buon gruppo subacqueo.

Al rientro ci aspettava la bella moglie di Gerard con una spaghettata talmente invitante che metteva quasi in ombra il suo fascino. Vino locale abbondante ed allegria furono i fogli sui quali scrivemmo il nostro pomeriggio. L’innegabile fascino di quella famiglia ci aveva coinvolti tutti, o quasi. Una delle mogli del gruppo, un po’ stizzita dal quadro che si trovava davanti con il quale non poteva competere, non potè trattenersi dall’unico commento negativo che potesse fare: “Certo, tutto bello, ma d’inverno vivere su questa barca, con l’umidità che c’è ed il freddo non deve essere una grande cosa…”. La moglie di Gerard, con un serafico sorriso la guardò e, sporgendosi appenda indicando la collina rispose: “Vede quella casa lassù, sulla collina, dove ci sono quei cavalli liberi? Ecco, noi d’inverno viviamo lassù!”. Quello fu il tocco finale, nessuno aveva più nulla da obbiettare su quel sogno che un po’ tutti, prima o poi ci ha accarezzato ed ora lo si vedeva realizzato in quella bella famiglia corsa.

Lascia un commento