I Bordinglesi

Quando l’11 di agosto del 2014 ai giardinetti Lowe si sono presentati i “Buio Pesto”, acclamato gruppo genovese, hanno trovato circa 1000 persone ad accoglierli. Sicuramente un grande successo, peraltro meritato. Hanno iniziato la serata con una gag collaudata, sicuramente ripetuta in ogni altra serata altrove: “Come si chiamano gli abitanti di Bordighera? Bordighesi,… o Bordigotti?”. Scontata la risposta del pubblico che a gran voce a ripetuto: “Bordigotti, bordigotti…” sicuri, con ragione, perché questa è l’accezione comune con cui vengono chiamati i cittadini di questa bella città ligure. Eppure, senza neanche esserne coscienti, hanno sollevato una questione sottile e complessa, che va oltre all’uso del vocabolario, semmai questo tratti il vocabolo, ma si colloca in una dimIl Bordigheseensione ben più profonda. Mi spiego e mi scuso con chi può eventualmente sentirsi offeso da quello che scriverò; sono soltanto considerazioni personale di cui in realtà non ho ancora parlato con alcuno. Bordigotto è l’abitante di Bordighera, non ci sono dubbi. Anche colui che, nato a Bordighera, ha vissuto altrove o, al contrario, venuto da fuori ha passato la maggior parte della sua vita qui. Anche se in questo caso i puristi avranno qualcosa da ridire. Ma, pensiamoci bene, come potremmo negare l’appellativo tanto ambito a chi, magari da una vita, vive, investe il proprio lavoro, denaro e partecipazione alla vita quotidiana dei nativi? Io c’ero ancora quando c’è stata la forte immigrazione meridionale, anzi, abitavo proprio in una delle zone più ricche di “foresti” e gli usi, le abitudini e i dialetti dei lavoratori giunti dal meridione con gli anni si sono integrate con il lessico e gli usi locali sino a fondersi, in molti casi. Sicuramente i figli, nati da questi, si sentono e sono Bordigotti. Ma tutto questo discorso ha poco a che fare con ciò che intendo. Chi sono allora i “Bordighesi”. Esistono, si nascondono tra i cittadini comuni, appartengono ad una setta? Nulla di tutto questo. Se torniamo all’ottocento non è mistero di quale influenza abbia avuto la venuta degli stranieri, in particolare gli inglesi, nei nostri territori. Ci sono le tracce ovunque, splendide ville. La biblioteca, l’Anglicana e il Museo Bicknell. La Villa della regina e quant’altro ancora. Molti di questi hanno dato ogni loro energia per questa città, trasformandola e rendendola un gioiello che ancor oggi brilla, suo malgrado. Alcuni di questi han trascorso il resto della loro vita qui, spesso facendosi seppellire nella terra bordigotta con la speranza di risorgere forse un giorno, al momento del Giudizio Universale, e rivedere il blu del mare, sentire il profumo degli agrumi o della mimosa e lasciando a noi ogni loro avere terreno. Quale più grande dimostrazione di amore per un territorio che sicuramente intendevano come il Paradiso Terrestre? Ma alla fine dei loro giorni, o durante il loro operato, chi erano questi signori? Inglesi? No, non credo, non più…Molti avevano imparato la lingua, qualcuno sicuramente un poco di dialetto, avevano sulla tavola il pesce pescato in quel mare rabbioso e sulla tavola splendevano limoni, agrumi e vino rosso delle colline. Ecco, questi signori, distinti, impeccabili ma, cosa che veramente creava la differenza, generosi e con lo sguardo volto al futuro, erano oramai diventati “BordInglesi”. Ripeto, è una mia valutazione personale che non ha nessun riscontro in altri pensieri, almeno credo sino a questo momento. Una mentalità differente, progressista senza scordar nulla del passato, delle origini. Rispettosa nei confronti dell’ambiente, la cultura, l’arte e le tradizioni con il costante pensiero di creare il domani. Il loro? Non solo, credo. Pensiamo a Bicknell, ma anche a Mac Donald. L’uno ha contestato il suo credo religioso perché colpito dalla personalità prorompente di Padre Giacomo Viale, l’altro creando Casa Coraggio, aperta anche agli abitanti della città, gli “indigeni”. Cosa è rimasto oggi di quella mentalità, di quella energia positiva, di quella voglia? Beh, molto. Molto di più di quanto si possa pensare. Ci sono decine di persone che, malgrado ostacoli e problemi, personali o di comunità, continuano a crederci. Sono quelli che ogni volta che passano davanti all’Angst sperano che una gru inizi il suo lavoro, che la Rotonda si trasformi per diventare un emblema in positivo della città. Ma sono anche quelli che partecipano alle manifestazioni apprezzando ciò che offrono, ben coscienti che dietro a quel piccolo, semplice evento ci sono persone che hanno lavorato nel tempo libero, con passione, cura, divertimento. C’è anche una categoria, rara, che crede nella “collaborazione”, nella “sinergia” tra realtà differenti, associazioni diverse e, udite udite, comuni vari! Si, è così, credetemi. Ci sono e stanno lavorando, comunque. Perché non possono farne a meno, questa è la verità. Per sentire dire, come è accaduto oggi sulla pagina di Bordighera Il Mugugno, da una ragazza appena venuta a vivere qui: “Che meraviglia, tutti mi sorridono…”. Qualche timida risposta polemica, tanto silenzio, ma poi qualcuno ha osato dire: “Grazie, brava, benvenuta…”. Ecco, quella ragazza di cui non faccio il nome ma a cui manderò questa lettera, sia la benvenuta. Tu sei una “BORDIGHESE” e spero che lo resterai, diventando anche bordigotta perché mi auguro tu possa restare qui tutta la tua vita. Troverai difficoltà, secchi di acqua che cercheranno di spegnere il tuo entusiasmo, qualcuno che ti dirà (lo hanno già detto): “Te ne accorgerai presto…”. Ma tu lo sai, come lo sanno tutti i bordighesi, che c’è altro, altrove, ma anche qui. Proprio in questa città. Perché i bordigotti sono anche bordighesi, quando lo vogliono. Perché tutti, proprio tutti, almeno una volta, siamo stati Bordighesi. E, fortunatamente, molti ci credono ancora, come la prima volta.

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