Il professore e la principessa

 

anziano

 

 

Mentre Anna metteva gli asciugamani a posto nell’armadio a muro del corridoio Marta passava lo straccio a terra, raccontando come aveva trascorso la domenica.

I passi ritmati, alternati dal rumore del bastone a terra, interruppero il loro discorso. Vestito elegante come sempre, con il suo incedere deciso a ricordo di una gioventù piena di energia, il professore avanzava mostrando un mazzo di gerbere colorate. All’altezza delle due inservienti si fermò e con il cenno di un inchino le salutò entrambe rivolgendo lo sguardo ad una e all’altra.

“Buongiorno signorine, è una buona giornata per voi?”.

“Si professore, tutto bene e lei?”.

“Bene, grazie. Come è stata la mia principessa questa notte?”.

“Tranquilla, ha dormito quasi ininterrottamente , risponde bene alla nuova terapia”. “Grazie, grazie di tutto…” e così dicendo concluse la conversazione, avviandosi verso la stanza in fondo al corridoio.

Entrò nella camera, poggiò il bastone al fondo del letto e prese il vaso sul davanzale, per riempirlo d’acqua e metterci dentro le gerbere.

“Hai visto che belle principessa, sono le tue preferite”. così dicendo le carezzò il viso fino ai capelli e proseguì dolcemente, lisciandoli più volte. Poi tenendosi al mancorrente si chinò su lei per darle un bacio. Il battito delle sue ciglia, ancora lunghe e scure, fecero capire al professore che il gesto le era gradito e lui le prese le mani guardando i suoi profondi occhi grigi che fissavano all’infinito.

Poi sedette sulla sedia, poggiando le mani tra quelle di lei e rimase cosi, a guardarla, con il sorriso sulle labbra.

La sua mente rincorse un ricordo, le gambe di lei, un prato a primavera. Il plaid disteso sotto l’albero di ciliege, i lunghi baci senza fiato, le carezze. Guardò quel viso provato dal tempo, segni profondi che nulla potevano contro la bellezza disarmante dei suoi lineamenti. Percorse con il dito indice tremolante il contorno della fronte, il naso, per scendere all’intersezione delle sue labbra. Poi prese dalla tasca del soprabito un romanzo ed iniziò a leggere a voce alta, alzando di tanto in tanto lo sguardo,mentre gli tornavano in mente particolari della loro vita assieme.

Il tempo trascorreva veloce e quando l’infermiera entrò nella stanza trovò il professore assopito con le mani intrecciate a quelle di lei. Lui trasalì e quasi fece un cenno a scusarsi di quell’attimo di abbandono.

“Professore, si figuri. Non si scusi. Ma come fa tutti i giorni a venire qua. Lei sa che la signora non lo riconosce affatto e non si accorge neanche della sua presenza?”.

“Si, lo so. Lei non sa chi io sia, è vero. Ma io so perfettamente chi è lei. Mi ricordo ogni particolare della nostra vita, delle passioni, dei momenti difficili. C’è una storia unica raccolta tra le rughe di quel viso che io leggo ogni volta che le siedo vicino.. Se io desidero sapere chi sono, cosa sono stato, lo trovo scritto tra una di quelle dolci pieghe della sua pelle. Le carezze, i baci, i cannelloni con gli spinaci. Le risate la sera vicino al camino, quelle domeniche sulla neve a camminare tenendosi per mano. Il primo figlio, il secondo. Gli anni duri a pagare il mutuo, la scuola ai ragazzi, le discussioni quando tornavano a casa tardi. Le lacrime versate quando i genitori sono mancaiti, quelle di gioia quando siamo diventati nonni. E poi quei baci, quei baci appassionati che non ci hanno mai abbandonato. Cosa darei per poterne ricevere ancora uno, per darne uno a lei. Mi aspettava la sera, sulla porta di casa. Si cambiava sempre per cena ed io la stringevo forte. Ogni sera per noi era una festa, avevamo il cassetto dei giorni sprecati vuoto. Avevamo mille progetti, ogni sera uno nuovo. Ne parlavamo a letto, tra le lenzuola, e quasi sempre si finiva a fare all’amore. Gli anni passavano, come i grani del rosario tra le mani, ma noi ogni Ave Maria la recitavamo bene, sino in fondo e senza perdere una strofa. Non posso dire che la vita assieme sia sfuggita via, veloce. E’ stata viva, intensa. Qui c’è tutto il mio mondo, un mondo a cui non voglio rinunciare. E’ vero, lo so. oramai la mia principessa non mi ricorda più, ma io mi ricordo perfettamente chi era lei, per questo sono qui ogni giorno”.

Così dicendo il professore consultò l’orologio e prendendo il bastone si chinò sul dolce viso per posarvi ancora un bacio.

“Buonanotte mia principessa, a domani”.

Infilò il soprabito e con un leggero inchino salutò com ’era solito l’infermiera.

“A domani professore” sospirò lei, seguendo il suo incerto passo con lo sguardo e sperando , prima o poi, di trovare un amore come il loro.

 

 

 

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