Susy, la trenina della Val di SUSA

Susy era una trenina sempre sorridente! Una trenina? Semmai un trenino, direte voi…No, Susy era una trenina, con tanto di trecce e frangetta, sempre sorridente e rispettosa, anche quando al suo gancio attaccavano molti vagoni. Quando le affidarono l’incarico del servizio in Val di Susa era impaziente di iniziare. Lei era stufa delle lunghe tratte in pianura, tra risaie interminabili, caldo e zanzare e ancor di più quando d’inverno la nebbia nascondeva ogni cosa ed era sempre in apprensione che dal quel muro bianco spuntasse un ostacolo, un’auto in panne sulle rotaie o una mucca perduta. In valle invece, così le avevano raccontato, i treni si riempivano di bambini festosi, mamme e papà che andavano al lavoro in città e durante l’inverno, tanti tanti turisti con gli sci che raggiungevano le piste per una domenica di divertimento. Venne il suo primo giorno in valle e, lucida e fiammante come fosse nuova, uscì dalla stazione di Torino assaporando il dolce profumo dei fiori che avrebbe incontrato nel suo cammino. Non aveva molti vagoni al suo traino e quindi correva veloce sul binario, canticchiando una canzone per quanto era felice. Alle stazioni che incontrava nel suo cammino vedeva salire e scendere persone di ogni tipo; rappresentanti di commercio con la giacca e la cravatta, contadini o allevatori dal grande cappello di paglia e la tracolla al cui interno tenevano il pranzo per la giornata: pane, formaggio e una fiaschetta di vino. Poi tanti bambini, con lo zaino sulle spalle colmo di libri, sempre caciarosi che si rincorrevano sulla banchina per continuare a giocare una volta saliti. Infine donne ormai nonne, un po’ curve su se stesse, con il foulard scuro decorato di fiori a coprire il capo e un bastone dal manico liso, decorato con intagli a forma di stella alpina o di stambecco, valido supporto per la loro incerta camminata. Lei aspettava paziente che tutti salissero e, quando il Capotreno fischiava, dava potenza alle ruote motrici riprendendo il cammino. Come era felice quando le rotaie le permettevano di correre tra i prati, dove le marmotte fuggivano nella tana al suo arrivo, o quando sulle vette intravvedeva le sagome di un camoscio che sfidava le leggi della gravità camminando su pendii scoscesi e impossibili. Alle volte faceva sosta in stazione, aspettando che passasse un treno dal lungo percorso. Treni che andavano lontano, all’estero, carichi di viaggiatori assorti nella lettura di un libro o con il giornale aperto. Molti di questi, forse perché attirati dal profumo che traspirava dai finestrini, posavano il libro e il giornale, per guardare lo spettacolo che offriva quella valle davvero incantata. Grandi pascoli, terre coltivate. Vigne inerpicate, campi di lavanda. Colori e profumi, simboli, assieme alla gente che abitava quei posti, di una cultura profonda, unica e allo stesso tempo simile a quella di tante valli italiane e non solo. Figlie di una tradizione che si perde nel tempo e ha il sapore delle castagne sul fuoco, del grano pronto per la mietitura, del latte appena munto e del colore del miele. Lei, Susy, non invidiava quei grandi locomotori, forti e potenti. Ma li rispettava e li ammirava; la ferrovia era un bene prezioso, per tutti e per la valle. Un bel giorno, anzi, un brutto giorno, vide sulla strada che costeggiava la ferrovia una colonna di camions che traportavano gru, scavatori e chissà cos’altro. Dovette aspettare più giorni prima che, in una attesa in stazione, un locomotore che viaggiava in senso contrario le potesse raccontare cosa stava accadendo. Alcune persone, non del posto, avevano deciso di sconvolgere la valle, creando un enorme traforo per permettere di realizzare una ferrovia più veloce, dove far transitare treni che veniva da lontano e lontano dovevano andare. Ma per far questo dovevano far scavi, esplodere mine, espropriare terreni ai contadini. Mettere tutto sottosopra. Per poi risparmiare, così aveva sentito, una manciata di minuti su tutta la tratta. Tanti tanti soldi, tanto tanto rumore e una valle rivoltata sottosopra per anni, con camion carichi di pietrisco poco salutare, inquinamento, puzza, rumore… Susy era disperata. Al solo pensiero di veder distruggere quel paradiso, quell’incantevole equilibrio, si sentiva impazzire. Non sapeva cosa fare e ben poco, in verità, poteva fare. Fischiò più forte alle stazioni, fece stridere i freni forte una volta arrivata a Torino. Ma più di tanto non poté fare, era una semplice trenina che correva su binari. Lei non poté fare molto, ma non fu così per i suoi passeggeri! I suoi passeggeri si rivoltarono a questo progetto e con loro gli abitanti della valle e pure i cugini francesi, dall’altra parte dei monti. E poi anche quelli di città e delle città vicine. Insomma, nacque così un movimento che si oppose e si oppone ancora oggi alla realizzazione di un progetto i cui danni superano, di molto i vantaggi. Se vantaggi si possono chiamare. Come finì la storia? Beh, non è ancora finita ed è per questo che siamo qui. Per parlare di treni rispettosi, di treni veramente utili a tutti. Utili ai signori che vanno in vacanza, ai viaggiatori d’affari, agli operai che vanno in fabbrica, agli studenti, alle mamme che raggiungono il mercato nel paese vicino e a quella nonna, un po’ curva su di sé che tanto ha amato questa valle e che aspetta Susy alla stazione, poggiandosi sul suo bastone dal manico liso, inciso con camosci e stelle alpine.